Thursday 21 February 2008

long play gone


C'è un caschetto biondo che si avvicina al mobile nel salotto. E' il mobile di mamma e papà. Sovrastato da quella che vede come una vela bianca, aperta, o un piano a coda, o candido portale, apre con una certa difficoltà l'anta sottostante, perchè là ci sono i dischi.
Sono grandi i dischi. Sono belli. Hanno tante foto dentro. I dischi li puoi aprire. E lui li apre, e aprendoli esala dolciastro l'aroma del vinile, misto al cartone, al cellophane se c'è. Una galleria di volti barbuti e intrecci di chitarre affollano la fantasia, creando suoni e aspettative.
C'è l'America paludosa dei Creedence, c'è la swinging London dei 4 baronetti, c'è il faccione rassicurante del vecchio Elvis e tanti altri eroi di un immaginario ingenuo e primordiale come può essere quello che scaturisce da una mente di sei anni. Passano i pomeriggi, interminabili, e gli eroi stanno sempre là, nel mobile bianco, e hanno cappotti neri e nomi stranieri che ho imparato a memoria; poi ci sono foto più piccole.
Prendi la foto dell'album HEY JUDE. Sono di fronte ad un portone di legno, ma guarda più su, in alto a sinistra. Li vedi? Sono sempre loro quelle macchie che si persono sul fondo scuro del legno del portone? Giurerei di sì: guarda, quello è Ringo che guarda verso l'alto, dietro c'è Paul, con una mano tocca un ramo. E' così. Li vedi?

E' enorme il disco, una pizza di liquirizia piatta e traslucida da maneggiare con cura, come papà ci ha insegnato, perchè la puntina la puoi rigare e distruggere così, in un attimo,la magia del suono, quel suono misterioso che non si sa come se ne sta rinchiuso nei solchi e viene fuori ogni volta che il braccio metallico scende e preme.
Quando i grandi comprano un nuovo disco è una festa. Si scende sotto, c'è il negozio. Al muro ci sono anche le chitarre. Ce n'è anche una elettrica. Sembra quella che c'è dentro al disco.
Quando il lato A finisce bisogna girare il disco.
Ogni disco ha un lato che preferisco. E finisce sempre troppo presto. E qualche volta si incanta. E qualche volta si incanta.E qualche volta si incanta.E qualche volta si incanta.E qualche volta si incanta.E qualche volta si incanta.

Wednesday 20 February 2008

memoria corta

l'argomento mi interessa parecchio, ciononostante cerchero' di trattarlo male, e superficialmente.
a partire dagli anni ottanta abbiamo iniziato ad affidare tutti i nostri dati piu' importanti all'informatica. la cosa sembra furba, perche' in un misero CD si possono salvare milioni e migliaia se non milioni di documenti e database. un'intera biblioteca in una tasca. il problema e' che mentre prima per bruciare un'intera biblioteca avevi bisogno di una grande sventura, di un buon editto, o di un esercito di stronzi, ora per perdere un'intera biblioteca basta una righetta, un qualunque incidente. fin qui tutto bene, direte voi. perche' se dio vuole, di ogni archivio se ne fanno infinite copie. e qui viene il bello. perche' la causa piu' pericolosa e' il banale evolversi delle tecnologie. se per caso volesse andarvi a riprendere un foglio di calcolo che avete fatto nel '92, che avete "messo al sicuro" su uno di quei fantastici floppy molli, come ve lo andate a ripescare? diventa piu' difficile.
mi era capitato di interessarmi al problema tempo fa, ma giusto oggi su un innominabile quotidiano londinese, una certa Fiona MacDonald ha ottenuto una buona paginata per trattarlo.
pare che gia' adesso sia molto piu' facile riuscire a sapere "quante forme di formaggio abbia prodotto Farmer Jones in Hereford, nel 1086" piuttosto che la popolazione di autoveicoli nello stesso paese, appena nel 1983. spaventoso, vero?
tendiamo a sbattere tutto nella memoria dei nostri computer, spesso facciamo backup dell'impossibile, foto, canzoni, programmi, email, documenti e fogli excel. automaticamente li riteniamo al sicuro, ma in realta' non lo sono per niente.
prendiamo l'esempio della macchina fotografica. una volta ogni scatto era un qualcosa che richiedeva un minimo impegno, e ci mettiamo sempre pazientemente seduti quando rimettendo a posto il solaio, incappiamo nella scatola di scarpe con le foto di famiglia.
ora abbiamo migliaia di cartelle, riempite con scatti casuali. torniamo dai viaggi con numeri esorbitanti di scatti del cazzo. abbiamo queste diavolo di schedine che tengono 40zilioni di foto da 8gigapixel, e fanno tutte pressappoco cagare.
col flash fanno schifo, ma le teniamo, senza flash sono mosse, ma le teniamo, questa e' venuta per errore mentre mettevo la macchina in tasca, ma la tengo e cosi' via.
sara', ma io non mi vedo pronipoti che si mettono li' a vedere la cartella con 3287 foto del nonno in vacanza a borghetto santo spirito. un po' perche' i lettori delle schedine di memoria saranno merce da museo, e un po' perche' francamente... e che diamine ... sono 3287 foto di merda.
ci sono agenzie che si dedicano a tenere memoria dei dati importanti della nostra societa' (ad esempio la DPS, Digital Preservation Society, o la Internet Archive, che "fotografa internet" ad intervalli regolari). si occupano di trasferire i dati di tecnologia in tecnologia. il problema e': chi decide quali sono i dati importanti e quali non lo sono.
il che si presta a diverse considerazioni.

...e ... no... nessuno grazie a dio si occupa di salvare le 3278 immagini di borghetto santo spirito.

Tuesday 19 February 2008

provaci ancora woody

Lo ammetto, ci sono cose per cui mi ritengo orgogliosamente di parte. Per cui darvi un parere oggettivo su Cassandra's dream è cosa ardua (alias Sogni e Delitti, ma da noi non si sa perchè se li inventano).
Cassandra's Dream invece è nome del cane che vince la corsa che permette ai due fratelli terribili di comprare la barca battezzata con lo stesso nome.. Va beh va beh va beh. Ed è anche un riferimento a "Cassandra come metafora della coscienza morale in rapporto con Apollo, istanza del Super Io castigante"(questo l'ho letto in giro). Pare che l'ultima opera di Woody Allen abbia diviso la critica. In effetti il film manca di tensione, è un continuo "over promise": ti aspetti chi sa cosa, magari - ecco, questo si' mi sarebbe piaciuto - un finale in aula di tribunale ecc. invece nulla.
Conosco i topos di Allen, il dramma c'è tutto, per carità, ma il problema è tutto nella diegesi, nella narrazione, nel ritmo. Come dire, la stoffa è cashmire ma il sarto è orbo.
Ottima la prova di Colin Farrell, stralunato, tontolone, in fondo tenero. McGregor invece ha poco spessore, come del resto buona parte di molti personaggi di sfondo, forse troppi (meglio rifarsi gli occhi con quel paio di jaguar scorrazzanti nella campagna inglese).
Che dire: andate a vederlo, per carità, ma credo che il buon Woody debba rifare proprie le atmosfere nevrotiche della borghesia intellettuale a cui proprio non avrei rinunciato. Provaci ancora Woody!

Thursday 14 February 2008

kelley stoltz - circular sounds

finalmente e' uscito il nuovo disco del buon vecchio kelley stoltz.
lo aspettavo con ansia, e appena uscito sono andato educatamente al negozio di dischi di fiducia e me lo sono regalato.
la grafica e il digipack sono di quelli che piacciono a noi, semplicemente povero, non ricercato e piuttosto sul bruttino. booklet? no. tre foto in tutto di cui due autoscatti della sua medesima persona, e una di un improbabile alberello di cartone. il vegetale suona una chitarra e canta, ma gli manca un braccio. probabilmente portato via da un bambino ribelle. l'albero e' davanti ad un muro. niente di speciale nel muro. un muro e basta. nell'angolo opposto un piccolo crocchio composto da una microstatuina non meglio identificabile (un monaco?), un minibusto di un uomo barbuto che mi vergogno di non riconoscere, lo storico gatto portafortuna dei ristoranti cinesi (si, quello dorato, con manina semovente), un figurino emaciatissimo e un robottino rosso e dorato.
ma con questo cosa voglio dire? che mentre sentivo il disco facevo tutt'altro. ed e' un peccato.
le melodie sono stupende, e i testi molto piu' ricercati del solito. ma il suono mi e' risultato piu' addomesticato, piu' manieristico.
forse e' solo diventato piu' maturo, e le lontane graffiate di "are you electric" non gli appartengono piu'. non lo so, questo non lo posso dire, sono solo al primo ascolto del disco.
ne merita altri due prima del verdetto finale.
interrompo il post e mi riascolto il disco.
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primo
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ok, secondo ascolto.
caro vecchio kelley, mi hai conquistato di nuovo.
e' senza dubbio piu' morbido, piu' manieristico, meno coraggioso perche' piu' consapevole.
sempre teneramente sixties, sempre un po' per i fatti suoi mentre nella testa gli ronza ancora qualche pet sound. il songwriting e' piu' maturo, piu' pacato, e il mixaggio esoticamente californiano.
pare che anche questo (terzo) full lenght se lo sia registrato in camera. credo che in camera si trovi allora qualche clavicembalo o qualcosa del genere, e che abbia dei vicini con un livello di sopportazione da ned flanders.
que viva kelley stoltz e i suoi vicini.

http://kelleystoltz.com/

il miglior video a tutt'oggi resta quello di "Ever Thought Of Coming Back"

Wednesday 13 February 2008

damn shames

ci piacciono perche' sono brutti, finalmente.
in questa citta' dove la prima tappa per fare una band sembra essere il dannato parrucchiere, devono venire tre ragazzotti da glasgow a farci lo spelling della parola "divertirsi".
non sono cazzoni, non fanno cagate sul palco e non sputano sulla gente. quello che fanno e' godersi appieno il pezzo che sta inondando la sala(poco importa che lo stiano suonando loro) e si muovono, male, come la gente sotto al palco.
gli leggi negli occhi la sensazione del "ho voglia di muovermi, ma mi sento addosso tutti gli occhi della sala... pero' sto pezzo tira!". ancheggiano, penzolano e non sono fighi, accidenti a loro, finalmente non sono fighi!
due chitarre (tele) e un basso malconcio. niente batteria sul palco, sono basi registrate, ma non manca nulla.
il concerto e' a quanto pare uno showcase per due o tre produttori che devono valutare tre band. io ho avuto l'invito dagli hatcham social (che detto tra di noi, qualche giorno dopo riceveranno una proposta dalla domino!!! bravi ragazzi, lo meritate), ma loro su consiglio degli intimi charlatans sono molto piu' "londinesi" sul palco. Tim Burgess gli ha detto testualmente "devi essere stronzo ed arrogante in questo business, devi urlare che sei migliore degli altri in ogni modo possibile".
questioni di opinioni credo. o forse di gusto, visto che gran parte delle band a me piu' care hanno sempre avuto modi piu' miti.
percio' se chiedi a me, quella sera mi sono divertito di piu' davanti a quelle tre megliette xl con grafiche improponibili di colorifici di quartiere, piuttosto che davanti a quei maglioncini con le righette sixties e le scarpette a punta.
anche se devo ammetterlo... e' stata una gran serata.
i damn shames mi sono piaciuti. si era capito?
la musica che fanno ve la ascoltate da soli, visto che siete ad un "click" di distanza.
la mia preferita? "dancing in the aisles"
http://www.myspace.com/damnshames


ps- tra poco esce il nuovo disco dei charlatans, gratuito per tutti in rete. sta succedendo qualcosa nel mondo.

Thursday 7 February 2008

shocking pinks


io si sa, ho i miei tempi per arrivare alle cose, e spesso mi ritrovo a parlare di album e gruppi che sono stati sulla bocca di molti gia' da parecchie lune.
e' il caso degli shocking pinks.
poca meraviglia che quando un disco vanta il batterista dei brunettes (uno di due) e la DFA ai tempi di "house of the jealous lovers"... ci si trovi davanti ad un buon prodotto. la cosa che non ci si aspetta e' che non suoni ne' come i brunettes ne' come i classici dischi della DFA.
e' un disco di grandissimo respiro, e si merita un posto d'eccezione nella classifica dei dischi del 2007. ci trovi di quelle ballate 4/4 secchi con i suonini fighi che tanto si portano di questi tempi, ci trovi cavalcate lisergiche my boody valentine, ci trovi bei testi e altre delicatezze. i suoni sono ricercati, ma non da tecnocrati, spesso finemente lo-fi, il songwriting e' convincente.
appena si scomodano e vengono a suonare qui, ve li recensisco.
ma la via dalla nuova zelanda e' lunga. piu' di quanto sembri.